Spotorno, una “marea umana” per dare l’ultimo saluto a Matteo Marcenaro. Il parroco: “Amante della giustizia e del bene comune”
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Spotorno, una “marea umana” per dare l’ultimo saluto a Matteo Marcenaro. Il parroco: “Amante della giustizia e del bene comune”0 (0)

Spotorno. Cordoglio e profonda commozione da parte della comunità spotornese per l’ultimo saluto a Matteo Marcenaro, scomparso prematuramente all’età di 50 anni. Questa mattina i funerali nella chiesa della Santissima Annunziata di Spotorno, dove è stata ricordata la sua intensa attività politica a livello comunale e regionale: presenti alcune centinaia di persone, tra cui molti giovani e giovanissimi.

Marcenaro è stato assessore (con delega al Bilancio, Finanze ed Ambiente) e consigliere comunale a Spotorno e alla Comunità Montana Pollupice oltre ad essere stato candidato sindaco per “Spotorno nel cuore” nel 2016. Inoltre, è stato anche consigliere comunale nel Comune di Vezzi Portio e, dal 2005 al 2010, consigliere regionale e vicepresidente della Commissione Attività Istituzionali.

Molte, infatti, le figure politiche, istituzionali e amministratori locali presenti alla cerimonia funebre, che si sono stretti alla famiglia di Marcenaro. Una chiesa gremita ha accolto il feretro, con il parroco che nella sua omelia ha ripercorso le tappe della vita di Marcenaro, il suo impegno e la sua dedizione per la cosa pubblica, con passione e competenza.

“Caro Matteo, – ha detto don Danilo Grillo nell’omelia, – nella preghiera di oggi non cerchiamo una consolazione a poco prezzo, tentando di addolcire la tua morte. Non vogliamo fuggire di fronte al dolore, e neppure una vaga consolazione o una generica speranza nell’aldilà. La sofferenza c’è, eccome se c’è. Parlano i volti di tuo padre e tua madre che ti hanno educato, di tuo fratello che è cresciuto con te, di tua sorella che ti attende. Parlano i volti di tua moglie e dei tuoi figli, che ti guardano come un mito da seguire e imitare. Parlano i volti del sociale, della politica e del volontariato che in te hanno visto una persona vera, sempre disponibile, amante della giustizia e del bene comune”.

“Caro Matteo, se ora l’unica cosa che ci accomuna è la dolorosa impotenza di fronte alla tua morte, allora non facciamo altro che celebrare la nostra sconfitta. Ma non sarebbe assurdo trasformare in rito una sconfitta? Perciò ora non possiamo davvero stare qui per celebrare la nostra disperazione: sarebbe una cinica e assurda presa in giro di se stessi. Non resta allora che questa alternativa: o girarsi dall’altra parte, sforzandoci di dimenticare ‘tanto il tempo sistema tutto’, oppure accettare la scossa, l’urto di questo dolore”, ha proseguito.

“Uno dei primi frutti di questa accettazione è una domanda, che tutti tentiamo di soffocare: io per che cosa vivo? Per cosa sto spendendo la mia vita? Tu ci chiedi di porre a noi stessi questa domanda. Per cosa vale la pena vivere? Così, paradossalmente, la tua morte riaccende la vita, ridesta bruscamente la nostra coscienza”.

“La liturgia cristiana che stiamo celebrando è molto più che una domanda, è una concezione di vita. In assoluto è la più grande concezione di vita, la più positiva che si possa immaginare, di fronte a tutto. Perché Gesù mi dà la possibilità di stare davanti a tutto… non come vittima, ma come persona. E la liturgia cristiana mi apre una porta altrimenti chiusa, quella che noi chiamiamo Paradiso. Tu, Matteo, ci dici che questa alba c’è, che non è possibile vivere solo nella notte, con una cappa di piombo sulla testa. C’è un’alba, e di quest’alba tu assapori i primi colori”, ha aggiunto ancora il parroco. 

“E allora la prima cosa che ti chiediamo è di far giungere nei cuori dei tuoi cari i primi raggi di quella luce che noi chiamiamo speranza. Ti chiediamo di darci la possibilità di riprendere il cammino, pur faticoso; un cammino che torna sempre di più all’essenziale. Tu ci fai capire che dentro lo zaino della vita non ci può stare tutto, perché il passo diventa tremendamente pesante. Ci chiedi di alzare lo sguardo, di non abbassarlo mai. Ci chiedi di avere un piccolo spiraglio per la grande luce. Chiedi che questo dolore diventi la circostanza per incontrare Gesù. Il Signore ci chiede di non dimenticare mai ma di riprendere il cammino, lentamente”, ha concluso don Danilo. 

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